I radicali interventi attuati nella chiesa di Santa Chiara nel corso dei secoli per assecondare i cambiamenti del gusto e degli usi liturgici, e da ultimo le distruzioni causate dai bombardamenti del 1943, hanno quasi del tutto obliterato gli allestimenti e le decorazioni medievali. Ad eccezione di alcuni sepolcri, in particolare quelli dei membri della corte angioina collocati nel presbiterio, sopravvivono ancora solo pochissimi brani di pitture e alcune sculture erratiche riconducibili agli arredi liturgici della chiesa trecentesca: molto poco per poter ricostruire l’organizzazione degli spazi e i temi in esso raffigurati. In questo lavoro si tenta di recuperare una traccia dell’originario programma iconografico e simbolico, proponendo di individuare nella primitiva intitolazione della chiesa al Corpo di Cristo un criterio interpretativo unitario di queste testimonianze decorative, anche in relazione alla diffusione del tema nella predicazione e nella devozione popolare. In tale contesto, e quindi in chiave di assimilazione cristologica, viene in particolare reinterpretato il monumentale sepolcro di Roberto d’Angiò che si erge ancora maestoso ‒ nonostante le recenti mutilazioni ‒ dietro l’altare maggiore.
Ecce rex vester. Christiformitas e spazio liturgico
VITOLO, PAOLA
2014-01-01
Abstract
I radicali interventi attuati nella chiesa di Santa Chiara nel corso dei secoli per assecondare i cambiamenti del gusto e degli usi liturgici, e da ultimo le distruzioni causate dai bombardamenti del 1943, hanno quasi del tutto obliterato gli allestimenti e le decorazioni medievali. Ad eccezione di alcuni sepolcri, in particolare quelli dei membri della corte angioina collocati nel presbiterio, sopravvivono ancora solo pochissimi brani di pitture e alcune sculture erratiche riconducibili agli arredi liturgici della chiesa trecentesca: molto poco per poter ricostruire l’organizzazione degli spazi e i temi in esso raffigurati. In questo lavoro si tenta di recuperare una traccia dell’originario programma iconografico e simbolico, proponendo di individuare nella primitiva intitolazione della chiesa al Corpo di Cristo un criterio interpretativo unitario di queste testimonianze decorative, anche in relazione alla diffusione del tema nella predicazione e nella devozione popolare. In tale contesto, e quindi in chiave di assimilazione cristologica, viene in particolare reinterpretato il monumentale sepolcro di Roberto d’Angiò che si erge ancora maestoso ‒ nonostante le recenti mutilazioni ‒ dietro l’altare maggiore.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.