Lo spunto del contributo nasce dalla visione, associazione e analisi comparata di filmati provenienti dall’archivio Luce e British Pathé tra il 1910 e il 1933 sull’Etna in attività e in momenti di crisi eruttive. Nell’arco temporale, scandito dagli sviluppi dei principi di montaggio filmico e delle tecnologie di ripresa, i primi filmati di contatto con il vulcano in azione sono accomunati dal tentativo e dalla necessità, tenuto conto dei limiti tecnici, di sperimentazione della rappresentazione visuale di alcuni degli elementi (O’ Brien 2019; T. De Luca, M. Mroz 2023a, b) alla base dell’archeologia del cinema vulcanico (Past 2016): gas, vapori e nubi di cenere. Il percorso, che si chiude con l’avvento delle prime riprese di suoni dal vero e commenti sonori, si concentra sulle potenzialità percettive del medium cinematografico veicolate soprattutto dalla componente visiva (unita talvolta a elementi paratestuali di sutura come le parole delle didascalie) a partire da: forme e modalità di posizionamento della camera; il rapporto fra materia, corpo e sguardo di cameramen e spettatori; movimenti e successione delle immagini; inquadrature e composizioni, che includono tanto la dimensione naturale che sociale e culturale del luogo e dell’evento catastrofico (Meiner, Veel 2012), connotando la possibilità di una lettura degli effetti al tempo stesso universale e situata (de Luca 2022). Il confronto con il corpus in particolare consente di cogliere punti di contatto e differenze d’approccio fra dimensione locale, nazionale e transculturale. Il cinema vulcanico dell’Etna, di cui Pastrone con Cabiria nel 1914 ed Epstein con La montagne infidèle del 1923 ne rappresentano due necessari termini di confronto, consente di muoversi nel quadro di una archeologia filmica delle percezioni che tiene conto delle forme d’esperienza incarnata delle rappresentazioni in aree e durante eventi di natura catastrofica (Mulvogue 2017) fra natura, tecnologie visuali e dimensione umana (Ivakhiv 2013) che lascia spazio a una riflessione sulla novità delle sensazioni filmate, le successive persistenze e il senso di evanescenza che il cinema e il suo patrimonio ci consentono di esperire ancora oggi.

‘‘Reviewing Sicily’s “smokes”: elementi di archeologia del cinema vulcanico dall’Etna’

G. Santaera
2025-01-01

Abstract

Lo spunto del contributo nasce dalla visione, associazione e analisi comparata di filmati provenienti dall’archivio Luce e British Pathé tra il 1910 e il 1933 sull’Etna in attività e in momenti di crisi eruttive. Nell’arco temporale, scandito dagli sviluppi dei principi di montaggio filmico e delle tecnologie di ripresa, i primi filmati di contatto con il vulcano in azione sono accomunati dal tentativo e dalla necessità, tenuto conto dei limiti tecnici, di sperimentazione della rappresentazione visuale di alcuni degli elementi (O’ Brien 2019; T. De Luca, M. Mroz 2023a, b) alla base dell’archeologia del cinema vulcanico (Past 2016): gas, vapori e nubi di cenere. Il percorso, che si chiude con l’avvento delle prime riprese di suoni dal vero e commenti sonori, si concentra sulle potenzialità percettive del medium cinematografico veicolate soprattutto dalla componente visiva (unita talvolta a elementi paratestuali di sutura come le parole delle didascalie) a partire da: forme e modalità di posizionamento della camera; il rapporto fra materia, corpo e sguardo di cameramen e spettatori; movimenti e successione delle immagini; inquadrature e composizioni, che includono tanto la dimensione naturale che sociale e culturale del luogo e dell’evento catastrofico (Meiner, Veel 2012), connotando la possibilità di una lettura degli effetti al tempo stesso universale e situata (de Luca 2022). Il confronto con il corpus in particolare consente di cogliere punti di contatto e differenze d’approccio fra dimensione locale, nazionale e transculturale. Il cinema vulcanico dell’Etna, di cui Pastrone con Cabiria nel 1914 ed Epstein con La montagne infidèle del 1923 ne rappresentano due necessari termini di confronto, consente di muoversi nel quadro di una archeologia filmica delle percezioni che tiene conto delle forme d’esperienza incarnata delle rappresentazioni in aree e durante eventi di natura catastrofica (Mulvogue 2017) fra natura, tecnologie visuali e dimensione umana (Ivakhiv 2013) che lascia spazio a una riflessione sulla novità delle sensazioni filmate, le successive persistenze e il senso di evanescenza che il cinema e il suo patrimonio ci consentono di esperire ancora oggi.
2025
9791256152681
archeologia filmica
cinema vulcanico
Etna
film archaeology
volcanic cinema
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/682749
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