Nell’ambito della lotta contro l’illecita accumulazione patrimoniale della criminalità organizzata emerge a livello internazionale una tendenza sempre più accentuata ad adottare un modello di confisca fondato sull’actio in rem, e cioè su un procedimento contro il patrimonio, indipendentemente dall’accertamento della responsabilità penale del proprietario. Questa tendenza è stata salutata positivamente dal GAFI (Gruppo d’azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali), già nel suo rapporto 1996-97, e sembra accolta dal legislatore italiano con le recenti riforme del sistema delle misure di prevenzione patrimoniali, introdotte con il decr. n. 92/2008 e con la l. n. 94/2009. In tale modello si esaspera la necessità avvertita anche dal legislatore internazionale di alleggerire l’onere probatorio ai fini dell’accertamento dell’origine criminale del patrimonio, consentendo addirittura l'inversione dell'onere della prova dell'origine dei profitti, come previsto dall'art. 5, c. 7, della Convenzione di Vienna del 1988 contro il traffico di stupefacenti e dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale del 2000, oppure forme di alleggerimento dell'onere probatorio, come auspicato nella Risoluzione del parlamento europeo sul piano d'azione contro la criminalità organizzata del 1997. Il lavoro esamina tale modello di confisca e le recenti riforme in tale direzione introdotte nell’ordinamento italiano, per poi verificare la sua compatibilità con le indicazioni provenienti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e con le previsioni delle recenti decisioni quadro in materia di poteri allargati di confisca (in particolare la 2005/212) e di mutuo riconoscimento (2006/783), ai fini della cooperazione internazionale.

LA CONFORMITÀ DELL’ ACTIO IN REM CON IL PRINCIPIO DEL MUTUO RICONOSCIMENTO

MAUGERI, Anna Maria
2010-01-01

Abstract

Nell’ambito della lotta contro l’illecita accumulazione patrimoniale della criminalità organizzata emerge a livello internazionale una tendenza sempre più accentuata ad adottare un modello di confisca fondato sull’actio in rem, e cioè su un procedimento contro il patrimonio, indipendentemente dall’accertamento della responsabilità penale del proprietario. Questa tendenza è stata salutata positivamente dal GAFI (Gruppo d’azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali), già nel suo rapporto 1996-97, e sembra accolta dal legislatore italiano con le recenti riforme del sistema delle misure di prevenzione patrimoniali, introdotte con il decr. n. 92/2008 e con la l. n. 94/2009. In tale modello si esaspera la necessità avvertita anche dal legislatore internazionale di alleggerire l’onere probatorio ai fini dell’accertamento dell’origine criminale del patrimonio, consentendo addirittura l'inversione dell'onere della prova dell'origine dei profitti, come previsto dall'art. 5, c. 7, della Convenzione di Vienna del 1988 contro il traffico di stupefacenti e dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale del 2000, oppure forme di alleggerimento dell'onere probatorio, come auspicato nella Risoluzione del parlamento europeo sul piano d'azione contro la criminalità organizzata del 1997. Il lavoro esamina tale modello di confisca e le recenti riforme in tale direzione introdotte nell’ordinamento italiano, per poi verificare la sua compatibilità con le indicazioni provenienti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e con le previsioni delle recenti decisioni quadro in materia di poteri allargati di confisca (in particolare la 2005/212) e di mutuo riconoscimento (2006/783), ai fini della cooperazione internazionale.
2010
9788814154805
actio in rem; confisca; decisioni quadro; mutuo riconoscimento; confiscation - forfeiture; framework decisions; mutual recognition
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/70989
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