Le due principali riforme legislative relative al diritto commerciale poste in essere nel primo decennio del secolo XXI, e cioè la riforma societaria e la riforma delle procedure concorsuali, sono ispirate non marginalmente al comune intento di valorizzare l’autonomia dei privati, di dare spazio alla loro iniziativa, di imporre loro regole inderogabili nella misura quanto minore. Si è ritenuto in questa prospettiva di “privatizzare” anche il procedimento che regola la liquidazione coattiva fallimentare, assegnando ai creditori dell’imprenditore insolvente ruoli che il legislatore del 1942 aveva loro negato, muovendosi esso in una opposta logica pubblicistica. Si comprende così la nuova disciplina del comitato dei creditori, della quale, peraltro, sono significative alcune difficoltà applicative, rapidamente emerse e testimoniate dallo stesso legislatore, che ha ritenuto di dover tornare sui suoi passi istituendo un secondo regime per il funzionamento del medesimo organo della procedura, al quale fare ricorso ogni volta che il regime “ordinario” risulti impraticabile. Questo episodio dà modo all’a. di mettere in evidenza come il tentativo di privatizzare il fallimento ha riproposto dentro questa procedura alcuni problemi nodali del diritto societario (il corretto uso dei poteri della maggioranza, la rilevanza dello scopo comune, la responsabilità di chi assume una posizione di controllo). Si raffrontano, quindi, le soluzioni adottate dall’uno e dall’altro legislatore, che appaiono allora meno vicine di quanto ci si potrebbe attendere.

Un'occasione di confronto fra la riforma societaria e quella fallimentare. L'apologo del comitato dei creditori

VIGO, Ruggero
2009-01-01

Abstract

Le due principali riforme legislative relative al diritto commerciale poste in essere nel primo decennio del secolo XXI, e cioè la riforma societaria e la riforma delle procedure concorsuali, sono ispirate non marginalmente al comune intento di valorizzare l’autonomia dei privati, di dare spazio alla loro iniziativa, di imporre loro regole inderogabili nella misura quanto minore. Si è ritenuto in questa prospettiva di “privatizzare” anche il procedimento che regola la liquidazione coattiva fallimentare, assegnando ai creditori dell’imprenditore insolvente ruoli che il legislatore del 1942 aveva loro negato, muovendosi esso in una opposta logica pubblicistica. Si comprende così la nuova disciplina del comitato dei creditori, della quale, peraltro, sono significative alcune difficoltà applicative, rapidamente emerse e testimoniate dallo stesso legislatore, che ha ritenuto di dover tornare sui suoi passi istituendo un secondo regime per il funzionamento del medesimo organo della procedura, al quale fare ricorso ogni volta che il regime “ordinario” risulti impraticabile. Questo episodio dà modo all’a. di mettere in evidenza come il tentativo di privatizzare il fallimento ha riproposto dentro questa procedura alcuni problemi nodali del diritto societario (il corretto uso dei poteri della maggioranza, la rilevanza dello scopo comune, la responsabilità di chi assume una posizione di controllo). Si raffrontano, quindi, le soluzioni adottate dall’uno e dall’altro legislatore, che appaiono allora meno vicine di quanto ci si potrebbe attendere.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/25959
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