Le occasioni di incontro fra Vittorini e Pasolini sono davvero rare, e per lo più fortuite: il dibattitto sulla questione dei dialetti alla fine degli anni Cinquanta, le pagine del Menabò, il progetto della rivista internazionale Gulliver. Tuttavia val la pena soffermarsi su un momento apparentemente poco rilevante del loro rapporto, perché fra le righe si nascondono le motivazioni di dissenso e consenso mai totalmente espresse dai due scrittori.Dopo la pubblicazione del numero 4 del «Menabò», che apre un vasto e animato dibattito su Letteratura e industria, Pasolini scrive un breve commento al fascicolo, che rimane inedito. In quelle poche pagine è possibile leggere il senso del passaggio di consegne che il poeta accoglierà senza mai esprimerne una reale consapevolezza. Bruno Pischedda ha affermato in suo recente saggio sugli Scrittori polemisti (Torino, Bollati Boringhieri, 2011) che è «l’autore di Scritti corsari e Lettere luterane a raccogliere il testimone vittoriniano», ma non esiste ancora uno studio che analizzi puntualmente idee, aspetti e forme di questa eredità. Il saggio, partendo dal commento pasoliniano al numero 4 del Menabò, offre un primo contributo in questa direzione, mettendo in evidenza la comune apertura dei due scrittori a scienze e linguaggi esterni alle “riserve indiane” della letteratura.

Vittorini e Pasolini: due scrittori fuori dalle riserve

RIZZARELLI, MARIA
2013-01-01

Abstract

Le occasioni di incontro fra Vittorini e Pasolini sono davvero rare, e per lo più fortuite: il dibattitto sulla questione dei dialetti alla fine degli anni Cinquanta, le pagine del Menabò, il progetto della rivista internazionale Gulliver. Tuttavia val la pena soffermarsi su un momento apparentemente poco rilevante del loro rapporto, perché fra le righe si nascondono le motivazioni di dissenso e consenso mai totalmente espresse dai due scrittori.Dopo la pubblicazione del numero 4 del «Menabò», che apre un vasto e animato dibattito su Letteratura e industria, Pasolini scrive un breve commento al fascicolo, che rimane inedito. In quelle poche pagine è possibile leggere il senso del passaggio di consegne che il poeta accoglierà senza mai esprimerne una reale consapevolezza. Bruno Pischedda ha affermato in suo recente saggio sugli Scrittori polemisti (Torino, Bollati Boringhieri, 2011) che è «l’autore di Scritti corsari e Lettere luterane a raccogliere il testimone vittoriniano», ma non esiste ancora uno studio che analizzi puntualmente idee, aspetti e forme di questa eredità. Il saggio, partendo dal commento pasoliniano al numero 4 del Menabò, offre un primo contributo in questa direzione, mettendo in evidenza la comune apertura dei due scrittori a scienze e linguaggi esterni alle “riserve indiane” della letteratura.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/28074
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