«Les civilisés sont des barbares / et les barbares sont des civilisés». Ikones “Ellados“ ke “Tourkias“ mesa apo ton kathrefti tou evropaikù Typou

The paper examines the complexity of the friction - political, religious and cultural - between Greeks and Turks from the sixteenth to the nineteenth century in the mirror of Europe, namely from the point of view of European periodicals and treatises (news reports, memories, language learning manuals, iconographic relations) and travel accounts - rare or critically dealt with here for the first time - that through a vast geographical space try to interpret the difficult coexistence between the " mosaic-communities" of the Greek diaspora and the Ottoman Empire. The "traditional" opposition between the two cultures is being blurred in a network of relationships, exchanges and reciprocal loans that outline a complex image of two historically conflicting realities, "forced" by the West, formally and emotionally uncomfortable observatory, to clash and meet for the amor scientiae or mercaturae. Finally, it appears that the West would prefer to play the game of power with the century-old enemy, barbarous, Muslim and slaughterer, but worthy and valid opponent, rather than with Fanariots considered "quarrelsome hordes" and with Greeks seen as a symbol of moral, cultural and social degradation.

Il contributo esamina la complessità dell’attrito - politico, religioso e culturale - fra greci e turchi dal XVI al XIX secolo nello specchio di Europa, ovvero dal punto di vista della pubblicistica e trattatistica europea (resoconti giornalistici, memorie, manuali di apprendimento delle lingue, relazioni iconografiche) e di relazioni di viaggio - rare o affrontate criticamente qui per la prima volta - che attraverso un vasto spazio geografico cercano di interpretare la difficoltosa convivenza fra le “comunità-mosaico” della diaspora greca e l’Impero ottomano. La “tradizionale” contrapposizione fra le due culture è sfumata in una fitta rete di rapporti, di scambi e di prestiti reciproci che delineano un’immagine complessa di due realtà storicamente conflittuali, “costrette” da Occidente, osservatorio formalmente ed emotivamente scomodo, a scontrarsi e a incontrarsi per amor scientiae o mercaturae. Emerge, infine, che l’Occidente preferirà giocare la partita del potere col grande nemico secolare, barbaro, musulmano e massacratore, ma degno e valido avversario piuttosto che con i Fanarioti considerati “selva rissosa” e i greci visti come emblema di degrado morale, culturale e sociale.