Benché siano tre i decreti legislativi che hanno tradotto in dispositivi vigenti la delega portata dalla legge n. 103 del 2017, non è retorica parlare di riforma mancata dell’ordinamento penitenziario. Molte le questioni lasciate inevase: tra queste, quella della ridefinizione dell’area delle preclusioni penitenziarie, sebbene la delega ne invocasse una riperime-trazione in chiave erosiva. Tradendone l’impostazione primigenia, la riforma penitenziaria si è snodata lungo altri itinerari, sospinta da un inarre-stabile populismo securitario. Le scelte tese alla riemersione di una pena flessibile, affidata all’autonomia valutativa del giudice di sorveglianza e sottratta agli automatismi preclusivi imposti da irragionevoli differenziazioni trattamentali, sono state annichilite dal repentino mutamento del sentire politico in tema di esecuzione penale. Quelle opzioni sono state, così, rimosse dall’ordito riformatore; marchiate dallo stigma di misure idonee a sacrificare irrimediabilmente la “certezza della pena” ed elaborate a totale discapito della “sicurezza collettiva”. Riflettendo sulle ragioni recondite dell’attuale vulgata “carcero-centrica” che ha condizionato l’operare del legislatore de-legato, l’Autore auspica che, trainati da alcuni recenti dicta dei Giudici della Consulta, possa riannodarsi il filo di una riforma penitenziaria finalmente ed effettivamente orientata verso la Costituzione.

“Cronaca di una morte annunciata”: l’insopprimibile fascino degli automatismi preclusivi penitenziari e le linee portanti della “riforma tradita”

Siracusano Fabrizio
2019-01-01

Abstract

Benché siano tre i decreti legislativi che hanno tradotto in dispositivi vigenti la delega portata dalla legge n. 103 del 2017, non è retorica parlare di riforma mancata dell’ordinamento penitenziario. Molte le questioni lasciate inevase: tra queste, quella della ridefinizione dell’area delle preclusioni penitenziarie, sebbene la delega ne invocasse una riperime-trazione in chiave erosiva. Tradendone l’impostazione primigenia, la riforma penitenziaria si è snodata lungo altri itinerari, sospinta da un inarre-stabile populismo securitario. Le scelte tese alla riemersione di una pena flessibile, affidata all’autonomia valutativa del giudice di sorveglianza e sottratta agli automatismi preclusivi imposti da irragionevoli differenziazioni trattamentali, sono state annichilite dal repentino mutamento del sentire politico in tema di esecuzione penale. Quelle opzioni sono state, così, rimosse dall’ordito riformatore; marchiate dallo stigma di misure idonee a sacrificare irrimediabilmente la “certezza della pena” ed elaborate a totale discapito della “sicurezza collettiva”. Riflettendo sulle ragioni recondite dell’attuale vulgata “carcero-centrica” che ha condizionato l’operare del legislatore de-legato, l’Autore auspica che, trainati da alcuni recenti dicta dei Giudici della Consulta, possa riannodarsi il filo di una riforma penitenziaria finalmente ed effettivamente orientata verso la Costituzione.
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