Epistle 193, sent by Basil of Caesarea to the archiater Meletius in 375/376, not offers only a simple description of the precarious health condition of the bishop, probably aggravated by the hostile climate of Cappadocia, but also contains a term of extreme interest, eschatià, ‘hermitage’, ‘ascetic retreat’. Comparison with a passage from the Vita sanctae Macrinae by Gregory of Nyssa – dedicated to his brother Naucratius and to the ‘isolated and secluded place’ near the Iris river in Pontus, where he devoted himself to extreme asceticism and to the care and hospitality of the poor and sick old men – and with some letters of Basilius himself and Gregory of Nazianzus – concerning certain helpful structures located in the Cappadocian chòra, contemporary or sometimes a little earlier than the famous Basiliad, which was instead built in the immediate vicinity of the city of Caesarea – allows us to conclude that the Christian Meletius, an urban chief physician, choosing to dispense his own care also in an eschatià (perhaps that of the pontic Annisoi, formerly a retreat for Naucratius), was able to actualize his faith not exclusively into mystical asceticism, but also into therapeutic practice, transferring and carrying out in a remote place a service traditionally provided within the pòlis.

L’epistola 193 inviata da Basilio di Cesarea all’archiatra Melezio nel 375/376 non offre soltanto una semplice descrizione delle precarie condizioni di salute del vescovo, probabilmente aggravate dal clima ostile della Cappadocia, ma contiene anche un termine di estremo interesse, eschatià, ‘romitorio’, ‘ritiro ascetico’. Il confronto con un passo della Vita sanctae Macrinae di Gregorio Nisseno – dedicato al fratello Naucrazio e al ‘luogo solitario e appartato’ presso il fiume Iris in Ponto, dove egli si votò all’ascesi estrema e alla cura e all’ospitalità di anziani poveri e ammalati – e con alcune missive dello stesso Basilio e del Nazianzeno – concernenti talune strutture assistenziali ubicate nella chòra cappadoce, coeve o talora di poco antecedenti alla famosa Basiliade, la quale invece era stata edificata nelle immediate vicinanze della città di Cesarea – permette di concludere che il cristiano Melezio, protomedico urbano, scegliendo di dispensare le proprie cure anch’egli in un’eschatià (forse quella della pontica Annisoi, già luogo di ritiro di Naucrazio), seppe tradurre la propria fede non esclusivamente in ascesi mistica, bensì anche in prassi terapeutica, trasferendo ed espletando in un luogo remoto un servizio tradizionalmente erogato all’interno della pòlis.

Medicina cristiana ‘lontano dalla città’: l’archiatra Melezio e l’ἐσχατιά

Margherita Cassia
2020-01-01

Abstract

Epistle 193, sent by Basil of Caesarea to the archiater Meletius in 375/376, not offers only a simple description of the precarious health condition of the bishop, probably aggravated by the hostile climate of Cappadocia, but also contains a term of extreme interest, eschatià, ‘hermitage’, ‘ascetic retreat’. Comparison with a passage from the Vita sanctae Macrinae by Gregory of Nyssa – dedicated to his brother Naucratius and to the ‘isolated and secluded place’ near the Iris river in Pontus, where he devoted himself to extreme asceticism and to the care and hospitality of the poor and sick old men – and with some letters of Basilius himself and Gregory of Nazianzus – concerning certain helpful structures located in the Cappadocian chòra, contemporary or sometimes a little earlier than the famous Basiliad, which was instead built in the immediate vicinity of the city of Caesarea – allows us to conclude that the Christian Meletius, an urban chief physician, choosing to dispense his own care also in an eschatià (perhaps that of the pontic Annisoi, formerly a retreat for Naucratius), was able to actualize his faith not exclusively into mystical asceticism, but also into therapeutic practice, transferring and carrying out in a remote place a service traditionally provided within the pòlis.
2020
L’epistola 193 inviata da Basilio di Cesarea all’archiatra Melezio nel 375/376 non offre soltanto una semplice descrizione delle precarie condizioni di salute del vescovo, probabilmente aggravate dal clima ostile della Cappadocia, ma contiene anche un termine di estremo interesse, eschatià, ‘romitorio’, ‘ritiro ascetico’. Il confronto con un passo della Vita sanctae Macrinae di Gregorio Nisseno – dedicato al fratello Naucrazio e al ‘luogo solitario e appartato’ presso il fiume Iris in Ponto, dove egli si votò all’ascesi estrema e alla cura e all’ospitalità di anziani poveri e ammalati – e con alcune missive dello stesso Basilio e del Nazianzeno – concernenti talune strutture assistenziali ubicate nella chòra cappadoce, coeve o talora di poco antecedenti alla famosa Basiliade, la quale invece era stata edificata nelle immediate vicinanze della città di Cesarea – permette di concludere che il cristiano Melezio, protomedico urbano, scegliendo di dispensare le proprie cure anch’egli in un’eschatià (forse quella della pontica Annisoi, già luogo di ritiro di Naucrazio), seppe tradurre la propria fede non esclusivamente in ascesi mistica, bensì anche in prassi terapeutica, trasferendo ed espletando in un luogo remoto un servizio tradizionalmente erogato all’interno della pòlis.
Pontus; Late Antiquity; Chief Physician; Hermitage; City and Country
Ponto; Tarda Antichità; protomedico; romitorio; città e campagna
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/489196
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