Una ricerca del termine leadership, effettuata utilizzando Google Scholar, uno dei maggiori e più popolari motori di ricerca accademica, restituisce 2.910.000 risultati (dato al 23/12/2014); mentre un’altra del termine followership ne riporta oltre 17.500. La corposa letteratura manageriale costituita da riviste accademiche e non, giornali, blog, a cui si aggiunge la mole di corsi, master, MBA, percorsi formativi centrati sulla leadership che vengono offerti a un pubblico specialistico e non, rende evidente un interesse notevole per la tematica della leadership. Ogni scaffale in libreria o in aeroporto è pieno di testi capaci di fornire guida su come essere un leader di successo e su come imparare a gestire i collaboratori. In ambito di formazione manageriale vengono offerte continue sollecitazioni a divenire leader efficaci; addirittura attraverso ricette e liste di qualità che, ironicamente, potrebbero far considerare ogni leader per una eventuale canonizzazione. Al contrario, è molto più difficile individuare testi o libri su come agire quando si è un ‘non-leader’ e il ruolo del follower ha tipicamente ricevuto poca popolarità. Eppure la followership appartiene a tutti; in quanto tutti, per la maggior parte delle loro vite, fanno esperienza dell’essere follower. Dopotutto, i leader hanno bisogno dei follower per sviluppare il lavoro all’interno dell’organizzazione: un conto è possedere una visione e una strategia, ma senza good follower per realizzare quei piani e progetti, il tutto viene vanificato. “Senza follower, i leader cesserebbero di esistere” (Kilburn, 2010). L’autore esplora questo gap, presentando alcune riflessioni teoriche e implicazioni pratiche, funzionali ad avviare in Italia una nuova area di ricerca che evidenzi quanto e come entrambi i ruoli siano fondamentali per il successo organizzativo. Verranno rilevate anche alcune implicazioni pratiche per lo sviluppo della followership all’interno delle organizzazioni
Always be a follower! Per uno sviluppo della followership nelle organizzazioni
GIAMBATTISTA BUFALINO
Primo
2015-01-01
Abstract
Una ricerca del termine leadership, effettuata utilizzando Google Scholar, uno dei maggiori e più popolari motori di ricerca accademica, restituisce 2.910.000 risultati (dato al 23/12/2014); mentre un’altra del termine followership ne riporta oltre 17.500. La corposa letteratura manageriale costituita da riviste accademiche e non, giornali, blog, a cui si aggiunge la mole di corsi, master, MBA, percorsi formativi centrati sulla leadership che vengono offerti a un pubblico specialistico e non, rende evidente un interesse notevole per la tematica della leadership. Ogni scaffale in libreria o in aeroporto è pieno di testi capaci di fornire guida su come essere un leader di successo e su come imparare a gestire i collaboratori. In ambito di formazione manageriale vengono offerte continue sollecitazioni a divenire leader efficaci; addirittura attraverso ricette e liste di qualità che, ironicamente, potrebbero far considerare ogni leader per una eventuale canonizzazione. Al contrario, è molto più difficile individuare testi o libri su come agire quando si è un ‘non-leader’ e il ruolo del follower ha tipicamente ricevuto poca popolarità. Eppure la followership appartiene a tutti; in quanto tutti, per la maggior parte delle loro vite, fanno esperienza dell’essere follower. Dopotutto, i leader hanno bisogno dei follower per sviluppare il lavoro all’interno dell’organizzazione: un conto è possedere una visione e una strategia, ma senza good follower per realizzare quei piani e progetti, il tutto viene vanificato. “Senza follower, i leader cesserebbero di esistere” (Kilburn, 2010). L’autore esplora questo gap, presentando alcune riflessioni teoriche e implicazioni pratiche, funzionali ad avviare in Italia una nuova area di ricerca che evidenzi quanto e come entrambi i ruoli siano fondamentali per il successo organizzativo. Verranno rilevate anche alcune implicazioni pratiche per lo sviluppo della followership all’interno delle organizzazioniFile | Dimensione | Formato | |
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