Negli anni turbolenti che si attraversano, l'ordinamento costituzionale della Repubblica ha conosciuto un'evoluzione invero singolare, che obbliga a rivedere categorie concettuali anche assai consolidate. In tale contesto, il ruolo del Presidente si contrassegna per un crescente, irresistibile dinamismo, che pare offuscare le attribuzioni di altri organi costituzionali, là dove dal vertice dello Stato promana su taluno di essi un'influenza talvolta poderosa. Considerazioni storiche, politiche e giuridiche s'addensano nella vicenda che ha condotto alla sentenza 1 del 2013 della Corte costituzionale, strumento d'inestimabile valore per leggere fra le righe di una stringente attualità. Vi si colgono, al di là delle soluzioni escogitate per la soluzione del caso concreto, le linee di fondo di un sistema che, in un momento fra i più delicati della sua giovane esistenza, ha più che mai bisogno di “affidarsi” ad un vertice, la cui forza evocativa simbolica, supremo palliativo alla depauperata legittimazione degli organi rappresentativi, necessita – per preservare integra la propria efficacia – di una tutela “speciale”. Grazie alle argomentazioni della Consulta, al Presidente è apprestata copertura “giuridica” per l'esercizio di una funzione politica “al di sopra delle parti” in senso assai ampio che egli, nel torno di tempo intercorso fino ad oggi, segue esercitando; riscuotendo peraltro, all'apparenza, un consenso generale fra le Istituzioni e nel Paese. Condotta, questa, certo salvifica per l'unità dell'ordinamento; non immune però dal rischio di sgretolare, proprio nell'ansia di proteggerle, quelle prerogative che ad altri organi competerebbero, mettendo così a repentaglio i muri maestri dell'edificio repubblicano.

Percorsi di legittimazione del potere. La figura del Presidente della Repubblica nei primi mesi del bi-settennato di Napolitano, rileggendo C. cost., 1/2013

Vosa G
2014-01-01

Abstract

Negli anni turbolenti che si attraversano, l'ordinamento costituzionale della Repubblica ha conosciuto un'evoluzione invero singolare, che obbliga a rivedere categorie concettuali anche assai consolidate. In tale contesto, il ruolo del Presidente si contrassegna per un crescente, irresistibile dinamismo, che pare offuscare le attribuzioni di altri organi costituzionali, là dove dal vertice dello Stato promana su taluno di essi un'influenza talvolta poderosa. Considerazioni storiche, politiche e giuridiche s'addensano nella vicenda che ha condotto alla sentenza 1 del 2013 della Corte costituzionale, strumento d'inestimabile valore per leggere fra le righe di una stringente attualità. Vi si colgono, al di là delle soluzioni escogitate per la soluzione del caso concreto, le linee di fondo di un sistema che, in un momento fra i più delicati della sua giovane esistenza, ha più che mai bisogno di “affidarsi” ad un vertice, la cui forza evocativa simbolica, supremo palliativo alla depauperata legittimazione degli organi rappresentativi, necessita – per preservare integra la propria efficacia – di una tutela “speciale”. Grazie alle argomentazioni della Consulta, al Presidente è apprestata copertura “giuridica” per l'esercizio di una funzione politica “al di sopra delle parti” in senso assai ampio che egli, nel torno di tempo intercorso fino ad oggi, segue esercitando; riscuotendo peraltro, all'apparenza, un consenso generale fra le Istituzioni e nel Paese. Condotta, questa, certo salvifica per l'unità dell'ordinamento; non immune però dal rischio di sgretolare, proprio nell'ansia di proteggerle, quelle prerogative che ad altri organi competerebbero, mettendo così a repentaglio i muri maestri dell'edificio repubblicano.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/544309
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