Il saggio ricostruisce la lunga storia del processo di vaccinazione contro il vaiolo, attuato nel Regno delle Due Sicilie, durante la prima metà dell’Ottocento: la prima inoculazione del vaccino jenneriano ad opera del medico inglese Andrew Marshall ebbe luogo nel 1801 a Palermo. I Borbone in realtà erano già entrati in precedenza in contatto con le prime tecniche di sperimentazione, grazie all’attività di Angelo Gatti. Questi, docente a Pisa, aveva acquisito grande fama dopo il soggiorno in Francia nel 1761, dove, grazie all’amicizia con l’abate Ferdinando Galiani, sarebbe stato introdotto nei salons illuministi, entrando in relazione con i più noti philosophes che in quegli anni conducevano una fiera battaglia contro l’oscurantismo teologico che accusava la pratica di empietà. Nel 1771 Gatti si recò a Napoli dove, sempre grazie all’influente abate, venne ben accolto dall’aristocrazia partenopea che cominciò a fare la fila per vaccinarsi. Al contrario, all’interno della famiglia reale esisteva uno scontro tra la posizione favorevole di Ferdinando IV e quella contraria del padre Carlo III, che considerava l’atto empio. Ma, nel 1771, quando scoppiò a Napoli una violenta epidemia che uccise non solo molti napoletani, ma anche il fratello maggiore del re, il principe Filippo, tutta la famiglia Borbone decise di vaccinarsi. La lotta contro il vaiolo rappresentò solo un piccolo tassello di un programma di riforme più ampio e complesso che andava dalla riforma del sistema tributario a quella della distribuzione fondiaria. Alla fine dell’Ottocento l’elaborazione di statistiche conclusive, anche se inficiate fa un generale caos dei dati, valutò la presenza di 68 vaccinati su 100 nati nei Reali Domini continentali e di soli 57 su 100 in Sicilia.

La vaccinazione ai tempi dell' "Arabo mostro" (1801-1849)

Giovanna Canciullo
2023-01-01

Abstract

Il saggio ricostruisce la lunga storia del processo di vaccinazione contro il vaiolo, attuato nel Regno delle Due Sicilie, durante la prima metà dell’Ottocento: la prima inoculazione del vaccino jenneriano ad opera del medico inglese Andrew Marshall ebbe luogo nel 1801 a Palermo. I Borbone in realtà erano già entrati in precedenza in contatto con le prime tecniche di sperimentazione, grazie all’attività di Angelo Gatti. Questi, docente a Pisa, aveva acquisito grande fama dopo il soggiorno in Francia nel 1761, dove, grazie all’amicizia con l’abate Ferdinando Galiani, sarebbe stato introdotto nei salons illuministi, entrando in relazione con i più noti philosophes che in quegli anni conducevano una fiera battaglia contro l’oscurantismo teologico che accusava la pratica di empietà. Nel 1771 Gatti si recò a Napoli dove, sempre grazie all’influente abate, venne ben accolto dall’aristocrazia partenopea che cominciò a fare la fila per vaccinarsi. Al contrario, all’interno della famiglia reale esisteva uno scontro tra la posizione favorevole di Ferdinando IV e quella contraria del padre Carlo III, che considerava l’atto empio. Ma, nel 1771, quando scoppiò a Napoli una violenta epidemia che uccise non solo molti napoletani, ma anche il fratello maggiore del re, il principe Filippo, tutta la famiglia Borbone decise di vaccinarsi. La lotta contro il vaiolo rappresentò solo un piccolo tassello di un programma di riforme più ampio e complesso che andava dalla riforma del sistema tributario a quella della distribuzione fondiaria. Alla fine dell’Ottocento l’elaborazione di statistiche conclusive, anche se inficiate fa un generale caos dei dati, valutò la presenza di 68 vaccinati su 100 nati nei Reali Domini continentali e di soli 57 su 100 in Sicilia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/561449
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