Due episodi dell’Orlando furioso mostrano in che modo l’esperienza di vita personale possa ripercuotersi sulla vita psichica interiore, costringendo gli uomini a mettere in discussione ideali, convinzioni e auto-rappresentazioni del sé con effetti traumatici e devastanti sul loro modo di agire e interpretare il mondo. Sconvolto dall’imprevedibile scelta di Doralice, ad esempio, Rodomonte rimane vittima di una pericolosa distorsione cognitiva che lo conduce ad assumere posizioni fortemente misogine e ipergeneralizzanti. A causa di un evento altrettanto traumatico, il cavaliere del nappo si trova invece incastrato tra le maglie di un tempo caratterizzato dall’eterno ritorno dell’uguale, scandito solo dalle prove cui sottopone le proprie vittime, in una sorta di coazione a ripetere che imprigiona la coscienza e rinnova il ricordo del trauma senza possibilità di soluzione. In entrambi i casi si intende analizzare il rapporto che intercorre tra l’esperienza del trauma e l’atto del narrare (o ascoltare) per arrivare alla conclusione secondo cui solo un’auto-narrazione sincera e demistificante, finalmente responsabile, può avviare l’individuo verso una qualche forma di riabilitazione.
«E ti dirò il principio e l’argumento/ del mio non comparabile tormento». Esperienze traumatiche, distorsioni cognitive e funzione terapeutica del racconto in due episodi dell’ "Orlando furioso"
Ottavia Branchina
2021-01-01
Abstract
Due episodi dell’Orlando furioso mostrano in che modo l’esperienza di vita personale possa ripercuotersi sulla vita psichica interiore, costringendo gli uomini a mettere in discussione ideali, convinzioni e auto-rappresentazioni del sé con effetti traumatici e devastanti sul loro modo di agire e interpretare il mondo. Sconvolto dall’imprevedibile scelta di Doralice, ad esempio, Rodomonte rimane vittima di una pericolosa distorsione cognitiva che lo conduce ad assumere posizioni fortemente misogine e ipergeneralizzanti. A causa di un evento altrettanto traumatico, il cavaliere del nappo si trova invece incastrato tra le maglie di un tempo caratterizzato dall’eterno ritorno dell’uguale, scandito solo dalle prove cui sottopone le proprie vittime, in una sorta di coazione a ripetere che imprigiona la coscienza e rinnova il ricordo del trauma senza possibilità di soluzione. In entrambi i casi si intende analizzare il rapporto che intercorre tra l’esperienza del trauma e l’atto del narrare (o ascoltare) per arrivare alla conclusione secondo cui solo un’auto-narrazione sincera e demistificante, finalmente responsabile, può avviare l’individuo verso una qualche forma di riabilitazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.