Summary: In the interpretation of medieval jurists, based on Justinian’s law texts, private property found its place in the relationship between ius naturale, ius gentium and ius civile. Jurists learned from Hermogenianus that private property (dominia distincta) was introduced into human history by the law of nations (D.1.1.5), starting from a primeval communion of natural goods. In canon law, Isidore of Seville confirmed that natural law provides for “the common possession of all things” (D.1 c.7). As with other institutions of ius gentium, natural reason introduced private property for the benefit of individuals and the human community. This theoretical representation was not without consequences for the understanding of human duties in the use of natural goods. In the first half of the 13th century, the ordinary glosses on the Digestum vetus and the Decretum, following the authority of the Church Fathers, conveyed the principle that private goods must be made available to the community in situations of need. The principle of the “universal destination of goods” became a cornerstone of the social doctrine of the Catholic Church: it matured in the convergence between legal and theological thought. According to Thomas Aquinas, the right to acquire and administer natural goods is just because it responds to the needs of human life: private property implies the right to use goods and, at the same time, the duty to share them in situations of need (Summa theologiae IIa-IIae q.66). These legal and theological doctrines did not remain confined to the classrooms, but were put to good use by jurists and political authorities to provide a basis for decisions appropriate to the common good in particular situations of need (e.g. wars, famines, epidemics). In the modern age, echoes of the medieval tradition could also be heard in discussions on communal rights.

Sommario: 1. Premessa. – 2. La “destinazione universale dei beni” nella Dottrina sociale della Chiesa cattolica. – 3. La proprietà privata nella costruzione giuridica dei giuristi medievali. Cenni sui civilisti: i “dominia distincta” introdotti dal “ius gentium”. – 4. I canonisti e l’eredità dei Padri (Isidoro, Agostino, Pseudo Clemente): la “communis omnium possessio” come “demonstratio” del diritto naturale e l’obbligo di mettere in comune i beni privati in tempo di necessità. – 5. Tempo di necessità e bene comune: alcuni spunti dalle fonti e dall’esperienza medievale. – 6. Non punibilità del furto di beni necessari al sostentamento; implicazioni quanto all’obbligo (morale e giuridico) di assistere gli indigenti. – 7. Questioni sull’approvvigionamento alimentare in tempo di carestia. – 7.1. Il c. Placuit (X.3.17.1) e il problema della vendita forzosa di generi alimentari in tempo di carestia. – 7.2. “Urgente necessitate”: un consilium di Baldo degli Ubaldi. – 7.3. Una voce dal Regnum Siciliae: Luca da Penne. – 8. Brevi incursioni nell’età moderna. – 8.1. Un caso testimoniato da Vincenzo de Franchis (1569). – 8.2. Quasi un excursus. Un caso stavagante (ma non troppo) accaduto a Messina nel 1591. – 9. Per accenni: echi della tradizione medievale nell’ambito delle discussioni sui diritti di uso civico. – 9.1. Spigolature tra le opere dei canonisti medievali: “transitus per agrum alienum”, “communis usus omnium”. – 9.2. Il peculiare contributo di Luca da Penne. – 9.3. Passando per la Spagna... – 9.4. ... uno sguardo alla giurisprudenza napoletana. In particolare, un caso discusso da Scipione Rovito. – 9.5. Nel solco della tradizione, ma con toni critici: cenni su Giovan Battista De Luca. – 10. Poche considerazioni a modo di conclusione. Riassunto: Nella rappresentazione dei giuristi medievali, fondata sui testi del diritto giustinianeo, la proprietà privata trovava la sua dimensione nella relazione fra ius naturale, ius gentium e ius civile. I giuristi apprendevano da Ermogeniano che la proprietà privata (dominia distincta) è stata introdotta nella storia umana dal diritto delle genti (D.1.1.5), a partire da una primigenia comunione dei beni naturali. Nel diritto canonico, la voce di Isidoro da Siviglia confermava che il diritto naturale prevede “il possesso comune di tutte le cose” (D.1 c.7). Come per le altre istituzioni del ius gentium, la ragione naturale ha introdotto la proprietà privata per l’utilità dei singoli e della comunità umana. Questa rappresentazione teorica non era priva di conseguenze sulla comprensione dei doveri dell’uomo nella utilizzazione dei beni naturali. Nella prima metà del Duecento le glosse ordinarie sul Digestum vetus e sul Decretum, sulla scia dell’autorità dei Padri della Chiesa, trasmettevano il principio che i beni privati devono essere messi a disposizione della comunità nelle situazioni di necessità. Il principio della “destinazione universale dei beni” è divenuto un caposaldo della dottrina sociale della Chiesa cattolica: esso maturò nella convergenza tra pensiero giuridico e pensiero teologico. Secondo Tommaso d’Aquino il diritto di procurarsi e amministrare i beni naturali è giusto perché risponde alle necessità della vita umana: la proprietà privata implica il diritto di usare i beni e al contempo il dovere di metterli in comune nelle situazioni di bisogno (Summa theologiae IIa-IIae q.66). Queste dottrine giuridiche e teologiche non rimasero confinate nelle aule scolastiche, ma i giuristi e le autorità politiche le misero a frutto per dare fondamento a scelte confacenti al bene comune in particolari situazioni di necessità (per esempio, guerre, carestie, epidemie). Nell’età moderna gli echi della tradizione medievale si avvertivano anche nell’ambito delle discussioni sui diritti di uso civico.

‘“Beni da mettere in comune in tempo di necessità”. I giuristi, la destinazione universale dei beni e il bene comune. Percorsi di ricerca (e divagazioni) tra medioevo e prima età moderna’

Condorelli O
2025-01-01

Abstract

Summary: In the interpretation of medieval jurists, based on Justinian’s law texts, private property found its place in the relationship between ius naturale, ius gentium and ius civile. Jurists learned from Hermogenianus that private property (dominia distincta) was introduced into human history by the law of nations (D.1.1.5), starting from a primeval communion of natural goods. In canon law, Isidore of Seville confirmed that natural law provides for “the common possession of all things” (D.1 c.7). As with other institutions of ius gentium, natural reason introduced private property for the benefit of individuals and the human community. This theoretical representation was not without consequences for the understanding of human duties in the use of natural goods. In the first half of the 13th century, the ordinary glosses on the Digestum vetus and the Decretum, following the authority of the Church Fathers, conveyed the principle that private goods must be made available to the community in situations of need. The principle of the “universal destination of goods” became a cornerstone of the social doctrine of the Catholic Church: it matured in the convergence between legal and theological thought. According to Thomas Aquinas, the right to acquire and administer natural goods is just because it responds to the needs of human life: private property implies the right to use goods and, at the same time, the duty to share them in situations of need (Summa theologiae IIa-IIae q.66). These legal and theological doctrines did not remain confined to the classrooms, but were put to good use by jurists and political authorities to provide a basis for decisions appropriate to the common good in particular situations of need (e.g. wars, famines, epidemics). In the modern age, echoes of the medieval tradition could also be heard in discussions on communal rights.
2025
Sommario: 1. Premessa. – 2. La “destinazione universale dei beni” nella Dottrina sociale della Chiesa cattolica. – 3. La proprietà privata nella costruzione giuridica dei giuristi medievali. Cenni sui civilisti: i “dominia distincta” introdotti dal “ius gentium”. – 4. I canonisti e l’eredità dei Padri (Isidoro, Agostino, Pseudo Clemente): la “communis omnium possessio” come “demonstratio” del diritto naturale e l’obbligo di mettere in comune i beni privati in tempo di necessità. – 5. Tempo di necessità e bene comune: alcuni spunti dalle fonti e dall’esperienza medievale. – 6. Non punibilità del furto di beni necessari al sostentamento; implicazioni quanto all’obbligo (morale e giuridico) di assistere gli indigenti. – 7. Questioni sull’approvvigionamento alimentare in tempo di carestia. – 7.1. Il c. Placuit (X.3.17.1) e il problema della vendita forzosa di generi alimentari in tempo di carestia. – 7.2. “Urgente necessitate”: un consilium di Baldo degli Ubaldi. – 7.3. Una voce dal Regnum Siciliae: Luca da Penne. – 8. Brevi incursioni nell’età moderna. – 8.1. Un caso testimoniato da Vincenzo de Franchis (1569). – 8.2. Quasi un excursus. Un caso stavagante (ma non troppo) accaduto a Messina nel 1591. – 9. Per accenni: echi della tradizione medievale nell’ambito delle discussioni sui diritti di uso civico. – 9.1. Spigolature tra le opere dei canonisti medievali: “transitus per agrum alienum”, “communis usus omnium”. – 9.2. Il peculiare contributo di Luca da Penne. – 9.3. Passando per la Spagna... – 9.4. ... uno sguardo alla giurisprudenza napoletana. In particolare, un caso discusso da Scipione Rovito. – 9.5. Nel solco della tradizione, ma con toni critici: cenni su Giovan Battista De Luca. – 10. Poche considerazioni a modo di conclusione. Riassunto: Nella rappresentazione dei giuristi medievali, fondata sui testi del diritto giustinianeo, la proprietà privata trovava la sua dimensione nella relazione fra ius naturale, ius gentium e ius civile. I giuristi apprendevano da Ermogeniano che la proprietà privata (dominia distincta) è stata introdotta nella storia umana dal diritto delle genti (D.1.1.5), a partire da una primigenia comunione dei beni naturali. Nel diritto canonico, la voce di Isidoro da Siviglia confermava che il diritto naturale prevede “il possesso comune di tutte le cose” (D.1 c.7). Come per le altre istituzioni del ius gentium, la ragione naturale ha introdotto la proprietà privata per l’utilità dei singoli e della comunità umana. Questa rappresentazione teorica non era priva di conseguenze sulla comprensione dei doveri dell’uomo nella utilizzazione dei beni naturali. Nella prima metà del Duecento le glosse ordinarie sul Digestum vetus e sul Decretum, sulla scia dell’autorità dei Padri della Chiesa, trasmettevano il principio che i beni privati devono essere messi a disposizione della comunità nelle situazioni di necessità. Il principio della “destinazione universale dei beni” è divenuto un caposaldo della dottrina sociale della Chiesa cattolica: esso maturò nella convergenza tra pensiero giuridico e pensiero teologico. Secondo Tommaso d’Aquino il diritto di procurarsi e amministrare i beni naturali è giusto perché risponde alle necessità della vita umana: la proprietà privata implica il diritto di usare i beni e al contempo il dovere di metterli in comune nelle situazioni di bisogno (Summa theologiae IIa-IIae q.66). Queste dottrine giuridiche e teologiche non rimasero confinate nelle aule scolastiche, ma i giuristi e le autorità politiche le misero a frutto per dare fondamento a scelte confacenti al bene comune in particolari situazioni di necessità (per esempio, guerre, carestie, epidemie). Nell’età moderna gli echi della tradizione medievale si avvertivano anche nell’ambito delle discussioni sui diritti di uso civico.
universal destination of earthly goods; dominia distincta; communis omnium possessio; common good.
destinazione universale dei beni terreni; dominia distincta; communis omnium possessio; bene comune.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/695949
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