Il lavoro esamina il discusso tema dell’ammissibilità della c.d. delega obbligatoria, con cui i soci intervengano sul procedimento di formazione degli organi delegati, segnatamente rendendo obbligatorio il conferimento della delega amministrativa tout court o limitatamente ad un dato quantum di funzioni; ovvero aggiungendo all’obbligo di delega, sia designazioni dei delegati per relationem (ad es., associando alla carica di presidente date deleghe), sia la nomina diretta del delegato da parte dell’assemblea o in sede di nomina dei primi amministratori. La tesi ammissiva viene ritenuta preferibile perché consente di valorizzare l’esigenza a che i soci siano posti in grado di disporre della migliore collocazione delle competenze professionali nell’ambito dell’organo gestorio, in linea con il principio direttivo della legge delega sulla riforma societaria, volto ad «attribuire all’autonomia statutaria un adeguato spazio con riferimento all’articolazione interna dell’organo amministrativo, al suo funzionamento» [art. 4, comma 8, lett. a), l. 3 ottobre 2001, n. 366]. Del resto, si sottolinea come l’obiezione più grave, relativa all’esigenza funzionale che il consiglio mantenga la disponibilità del potere di revoca delle deleghe, vada ridimensionata non appena si riconosca che, là dove il delegato sia gravemente inadempiente agli obblighi del proprio ufficio, resterebbe pur sempre in capo al consiglio, anzitutto, il potere di fare appello all’assemblea degli azionisti, e, come extrema ratio, allorché non sia possibile attendere l’intervento assembleare senza esporre la società a sicuro pregiudizio, il potere-dovere di disapplicare la regola che riservi all’assemblea la revoca della delega “obbligatoria”.Il saggio in particolare si sofferma: sull’autonomia statutaria e le correnti negatrici di libertà dopo la riforma; sugli nteressi tipizzati dalle clausole di c.d. delega obbligatoria e la loro meritevolezza; sulla critica in ordine ai singoli argomenti contrari alla liceità delle clausole; sul potere consiliare di revoca di una delega “obbligatoria” e sul suo ambito di applicazione; sui sistemi di nomina di amministratori “di minoranza” e sui limiti di meritevolezza delle clausole di delega “obbligatoria”

Riforma delle società e interpreti in controtendenza: il caso della delega amministrativa "obbligatoria"

SANFILIPPO, Pierpaolo Michele
2007-01-01

Abstract

Il lavoro esamina il discusso tema dell’ammissibilità della c.d. delega obbligatoria, con cui i soci intervengano sul procedimento di formazione degli organi delegati, segnatamente rendendo obbligatorio il conferimento della delega amministrativa tout court o limitatamente ad un dato quantum di funzioni; ovvero aggiungendo all’obbligo di delega, sia designazioni dei delegati per relationem (ad es., associando alla carica di presidente date deleghe), sia la nomina diretta del delegato da parte dell’assemblea o in sede di nomina dei primi amministratori. La tesi ammissiva viene ritenuta preferibile perché consente di valorizzare l’esigenza a che i soci siano posti in grado di disporre della migliore collocazione delle competenze professionali nell’ambito dell’organo gestorio, in linea con il principio direttivo della legge delega sulla riforma societaria, volto ad «attribuire all’autonomia statutaria un adeguato spazio con riferimento all’articolazione interna dell’organo amministrativo, al suo funzionamento» [art. 4, comma 8, lett. a), l. 3 ottobre 2001, n. 366]. Del resto, si sottolinea come l’obiezione più grave, relativa all’esigenza funzionale che il consiglio mantenga la disponibilità del potere di revoca delle deleghe, vada ridimensionata non appena si riconosca che, là dove il delegato sia gravemente inadempiente agli obblighi del proprio ufficio, resterebbe pur sempre in capo al consiglio, anzitutto, il potere di fare appello all’assemblea degli azionisti, e, come extrema ratio, allorché non sia possibile attendere l’intervento assembleare senza esporre la società a sicuro pregiudizio, il potere-dovere di disapplicare la regola che riservi all’assemblea la revoca della delega “obbligatoria”.Il saggio in particolare si sofferma: sull’autonomia statutaria e le correnti negatrici di libertà dopo la riforma; sugli nteressi tipizzati dalle clausole di c.d. delega obbligatoria e la loro meritevolezza; sulla critica in ordine ai singoli argomenti contrari alla liceità delle clausole; sul potere consiliare di revoca di una delega “obbligatoria” e sul suo ambito di applicazione; sui sistemi di nomina di amministratori “di minoranza” e sui limiti di meritevolezza delle clausole di delega “obbligatoria”
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