Theatre has played a central role in Francesco Pennisi’s artistic exploration, both inspiring his aesthetic reflection and indicating crucial stylistic mile-stones on his compositional path.His first work of musical theater was Sylvia Simplex, performed in 1972 in Venice at the XXXVth Biennale. This chamber opera is open to the attractions of contemporary avant-garde theater, the experiments of the Roman underground theatre (cantine) and the influences of musical and scenic experiences that can be traced to the Neue Musik of the 1960-70s and, above all, John Cage. However, Pennisi also includes a complex web of intellectual influences that are more closely connected to the tradition of aristocratic and erudite culture from his youthful training, and its very dramaturgical angle reveals a self-conscious critical position with respect to the avant-garde, a position that leads to the definition of a personal, unmistakable musical style.After the failure of his second theatrical work, Descrizione dell’isola Ferdinandea (Rome, Accademia Filarmonica, 1982), Pennisi took on a vast dramaturgical project with his opera L’esequie della luna, taken from a literary text by Lucio Piccolo and staged in Gibellina (Sicily) in 1991. In the Esequie Pennisi follows a discontinuous, disarticulated, static, directionless theatrical approach, based on a construction of paratactically juxtaposed fragments and on an overall asymmetrical articulation of the dramatic material inspired by the golden mean. The development of an ornamental language, baroque-derived but mindful of Debussy’s influence, is used to represent symbolically the fall of the moon, a true archetypal image that becomes in Pennisi’s poetics an emblem of the «decline of civilization», of the irremediable crumbling of a world and its culture. At the same time, this «total liberation of ornament» takes on a “disturbing” meaning and claims the saving function of art as the final possibility for the regaining of sense and of humanistic witnessing.

La produzione teatrale ha svolto un ruolo centrale nella ricerca artistica di Francesco Pennisi, sollecitando la riflessione estetica del musicista e contrassegnando le cruciali svolte stilistiche del suo itinerario compositivo.La prima composizione dedicata al teatro musicale è Sylvia Simplex, rappresentata nel 1972 alla XXXV Biennale di Venezia. Quest’opera da camera, aperta alle seduzioni del coevo teatro d’avanguardia e alle sperimentazioni delle ‘cantine’ romane, accoglie le suggestioni di esperienze scenico-musicali riconducibili alla temperie della Neue Musik e in particolare all’influenza di John Cage. Ma Pennisi vi immette una complessa trama di ascendenze intellettuali che riconducono piuttosto alla tradizione di cultura aristocratica, erudita e libresca, della sua formazione giovanile e manifesta nello stesso taglio drammaturgico una consapevole posizione critica nei confronti dell’avanguardia, trovando le ragioni per la definizione di un personale e inconfondibile stile musicale.Dopo l’insuccesso nel 1982 presso l’Accademia Filarmonica di Roma della sua seconda prova teatrale, Descrizione dell’isola Ferdinandea, Pennisi affronta un progetto drammaturgico di vaste dimensioni con l’opera L’esequie della luna, derivata da un testo letterario di Lucio Piccolo e andata in scena a Gibellina nel 1991. Nelle Esequie il musicista persegue una teatralità discontinua e disarticolata, statica e priva di direzionalità, fondata su una costruzione per “frammenti” paratatticamente giustapposti e su un’articolazione complessivamente asimmetrica della materia drammatica, ispirata alla sezione aurea. Lo sviluppo di una scrittura ornamentale, di ascendenza barocca ma memore della lezione di Debussy, è piegato alla raffigurazione simbolica della caduta della luna, vera e propria immagine archetipica che nella poetica di Pennisi diviene emblema del «tramonto della civiltà», della irrimediabile disgregazione d’un mondo e della sua cultura. Al tempo stesso questa «totale liberazione dell’ornato» si carica di valenze “perturbanti” e si fa rivendicazione della funzione salvifica dell’arte come luogo ultimo di ricomposizione del senso e di testimonianza umanistica.

Da “Sylvia Simplex” a “L’esequie della luna” Drammaturgia musicale di Francesco Pennisi

SEMINARA, GRAZIELLA
2007-01-01

Abstract

Theatre has played a central role in Francesco Pennisi’s artistic exploration, both inspiring his aesthetic reflection and indicating crucial stylistic mile-stones on his compositional path.His first work of musical theater was Sylvia Simplex, performed in 1972 in Venice at the XXXVth Biennale. This chamber opera is open to the attractions of contemporary avant-garde theater, the experiments of the Roman underground theatre (cantine) and the influences of musical and scenic experiences that can be traced to the Neue Musik of the 1960-70s and, above all, John Cage. However, Pennisi also includes a complex web of intellectual influences that are more closely connected to the tradition of aristocratic and erudite culture from his youthful training, and its very dramaturgical angle reveals a self-conscious critical position with respect to the avant-garde, a position that leads to the definition of a personal, unmistakable musical style.After the failure of his second theatrical work, Descrizione dell’isola Ferdinandea (Rome, Accademia Filarmonica, 1982), Pennisi took on a vast dramaturgical project with his opera L’esequie della luna, taken from a literary text by Lucio Piccolo and staged in Gibellina (Sicily) in 1991. In the Esequie Pennisi follows a discontinuous, disarticulated, static, directionless theatrical approach, based on a construction of paratactically juxtaposed fragments and on an overall asymmetrical articulation of the dramatic material inspired by the golden mean. The development of an ornamental language, baroque-derived but mindful of Debussy’s influence, is used to represent symbolically the fall of the moon, a true archetypal image that becomes in Pennisi’s poetics an emblem of the «decline of civilization», of the irremediable crumbling of a world and its culture. At the same time, this «total liberation of ornament» takes on a “disturbing” meaning and claims the saving function of art as the final possibility for the regaining of sense and of humanistic witnessing.
2007
La produzione teatrale ha svolto un ruolo centrale nella ricerca artistica di Francesco Pennisi, sollecitando la riflessione estetica del musicista e contrassegnando le cruciali svolte stilistiche del suo itinerario compositivo.La prima composizione dedicata al teatro musicale è Sylvia Simplex, rappresentata nel 1972 alla XXXV Biennale di Venezia. Quest’opera da camera, aperta alle seduzioni del coevo teatro d’avanguardia e alle sperimentazioni delle ‘cantine’ romane, accoglie le suggestioni di esperienze scenico-musicali riconducibili alla temperie della Neue Musik e in particolare all’influenza di John Cage. Ma Pennisi vi immette una complessa trama di ascendenze intellettuali che riconducono piuttosto alla tradizione di cultura aristocratica, erudita e libresca, della sua formazione giovanile e manifesta nello stesso taglio drammaturgico una consapevole posizione critica nei confronti dell’avanguardia, trovando le ragioni per la definizione di un personale e inconfondibile stile musicale.Dopo l’insuccesso nel 1982 presso l’Accademia Filarmonica di Roma della sua seconda prova teatrale, Descrizione dell’isola Ferdinandea, Pennisi affronta un progetto drammaturgico di vaste dimensioni con l’opera L’esequie della luna, derivata da un testo letterario di Lucio Piccolo e andata in scena a Gibellina nel 1991. Nelle Esequie il musicista persegue una teatralità discontinua e disarticolata, statica e priva di direzionalità, fondata su una costruzione per “frammenti” paratatticamente giustapposti e su un’articolazione complessivamente asimmetrica della materia drammatica, ispirata alla sezione aurea. Lo sviluppo di una scrittura ornamentale, di ascendenza barocca ma memore della lezione di Debussy, è piegato alla raffigurazione simbolica della caduta della luna, vera e propria immagine archetipica che nella poetica di Pennisi diviene emblema del «tramonto della civiltà», della irrimediabile disgregazione d’un mondo e della sua cultura. Al tempo stesso questa «totale liberazione dell’ornato» si carica di valenze “perturbanti” e si fa rivendicazione della funzione salvifica dell’arte come luogo ultimo di ricomposizione del senso e di testimonianza umanistica.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11769/8486
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