Dall’analisi del fumetto di Mafalda è emerso come i bambini vengano costruiti come categoria culturale di alterità, ritenuta estranea o spesso estromessa da alcune modalità di comunicazione e di interazione. Si pone così un parametro di incompetenza che viene attribuito a tutti coloro che appartengono all’infanzia. Ciò che gli adulti conoscono dei bambini è frutto di una costruzione culturale: Mafalda e i suoi amici vivono stretti nell’imposizione dell’etichetta “bambino” e reagiscono con frasi impreviste, domande imbarazzanti, pensieri urlati. La descrizione dei bambini come innocenti, vulnerabili, complessi, irresponsabili e incapaci si è sviluppata culturalmente e storicamente. Da questa rappresentazione sono nati i due “pregiudizi pedagogici” in nome dei quali chi educa si pone ad un livello superiore rispetto a chi impara: il primo rispecchia la convinzione che bisogna proteggere il bambino perché è debole, allevarlo perché cresce, educarlo perché è ignorante, conoscerlo attraverso l’osservazione per poter agire efficacemente su di lui e per lui; l’altro consistenell’idea di dirigere, curare, adattare mediante la struttura istituzionale. Dall’altro lato, i bambini costruiscono una propria rappresentazione degli adulti: Mafalda mostra i propri genitori nella loro parte vulnerabile, bisognosi di protezione e di affetto, irrazionali nelle loro scelte, impulsivi, curiosi, a volta un po’ ridicoli. L’infanzia acquista così non solo una presenza e una voce, ma anche una prospettiva, diversa da quella che i grandi costruiscono di sé stessi. Cercare di comprendere il punto di vista dei più piccoli permette così di scoprire aspetti non conosciuti -o non riconosciuti- del proprio essere adulti.
L’infanzia di Mafalda. Riflessioni sul fumetto di Quino
Maura Tripi
2007-01-01
Abstract
Dall’analisi del fumetto di Mafalda è emerso come i bambini vengano costruiti come categoria culturale di alterità, ritenuta estranea o spesso estromessa da alcune modalità di comunicazione e di interazione. Si pone così un parametro di incompetenza che viene attribuito a tutti coloro che appartengono all’infanzia. Ciò che gli adulti conoscono dei bambini è frutto di una costruzione culturale: Mafalda e i suoi amici vivono stretti nell’imposizione dell’etichetta “bambino” e reagiscono con frasi impreviste, domande imbarazzanti, pensieri urlati. La descrizione dei bambini come innocenti, vulnerabili, complessi, irresponsabili e incapaci si è sviluppata culturalmente e storicamente. Da questa rappresentazione sono nati i due “pregiudizi pedagogici” in nome dei quali chi educa si pone ad un livello superiore rispetto a chi impara: il primo rispecchia la convinzione che bisogna proteggere il bambino perché è debole, allevarlo perché cresce, educarlo perché è ignorante, conoscerlo attraverso l’osservazione per poter agire efficacemente su di lui e per lui; l’altro consistenell’idea di dirigere, curare, adattare mediante la struttura istituzionale. Dall’altro lato, i bambini costruiscono una propria rappresentazione degli adulti: Mafalda mostra i propri genitori nella loro parte vulnerabile, bisognosi di protezione e di affetto, irrazionali nelle loro scelte, impulsivi, curiosi, a volta un po’ ridicoli. L’infanzia acquista così non solo una presenza e una voce, ma anche una prospettiva, diversa da quella che i grandi costruiscono di sé stessi. Cercare di comprendere il punto di vista dei più piccoli permette così di scoprire aspetti non conosciuti -o non riconosciuti- del proprio essere adulti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.